Ecco una storia d’arte un po’ speciale: è il racconto di un’opera che puoi vedere nei musei di Milano con i bambini: la situla del Museo del Duomo.

Il museo fa parte del network Passpartout. Se vuoi puoi ascoltare la storia in podcast direttamente dal player qui sotto (se non lo visualizzi segui questo link) oppure sulla tua piattaforma preferita (Spotify, Apple Podcasts ecc.).

Questa è la storia di una situla. Una s i t u l a. Se non hai mai sentito questa parola non preoccuparti, è del tutto normale perché oggi non la usa più quasi nessuno.

La situla è un secchiello, non di quelli da spiaggia da riempire di sabbia o acqua marina, piuttosto un secchiello da chiesa per l’acqua benedetta. Sai che ancora oggi in alcuni momenti particolari i sacerdoti usano l’acqua di questi secchielli per benedire le persone e le case? Quelli usati oggigiorno sono parecchio più semplici del nostro: guardiamolo da vicino.

I musei di Milano con i bambini. La situla
La situla nella vetrina del Museo del Duomo – Foto di Dominik MatusCC BY 4.0

Un materiale prezioso da intagliare

La situla in questione, vecchia più di mille anni, è tutta bianca, anche se di un bianco un po’ sporchino, perché il materiale di cui è fatta è l’avorio. Sai cos’è? Si ricava dalle zanne degli elefanti e proprio per questo è molto prezioso. Oggi procurarsi l’avorio è illegale, perché per prenderlo bisogna fare molto male a un elefante e per fortuna si è capito che non va bene per niente.

Tutta la superficie del secchiello è decorata con cornicette, archi, colonne e addirittura persone. Partendo dal basso, troviamo una cornice a meandri, cioè una specie di labirinto su una riga, che ci si potrebbe divertire a seguire con il dito perché non finisce mai. Sopra la cornice si alzano sottili colonne lisce che partono da basi quadrate e finiscono con capitelli a foglie d’acanto. Conosci l’acanto? È una pianta ornamentale antichissima che cresce in zone ombrose, ha foglie carnose e fiori rosacei a spiga. Le sue foglie sono così belle che vengono impiegate da moltissimo tempo proprio per decorare i capitelli, come quelli che stiamo osservando.

Sui capitelli si impostano cinque archi che creano cinque nicchie o porte, insomma spazi in cui sono raffigurati alcuni personaggi che vale la pena conoscere meglio tra un attimo. Capire chi sono è semplice, anche grazie alle scritte incise proprio sugli archi; sono simili a didascalie che raccontano qualcosa delle figure a cui si riferiscono. Tra un arco e l’altro, in alto, si vedono delle specie di castelli con torri: sono le mura di una città immaginaria, la Gerusalemme celeste.

Il secchiello termina sulla sommità con un’altra cornice, questa volta a palmette, cioè a foglioline che si alternano, una volta in piedi e una volta rovesciate.

Misteriose iscrizioni

Più sopra, un’altra scritta serve a chiarire il perché dell’esistenza di questo secchiello. Se non riesci a leggere nessuna di queste scritte però non ti allarmare: sono in latino, una lingua molto antica che in pochi oggi conoscono e studiano. Grazie a loro sappiamo che il secchiello, chiamato “vas”, è un dono di Gotofredo, un signore che tra l’anno 974 e il 979 è stato arcivescovo di Milano. Un sacco di tempo fa! Più di mille anni, dicevamo.
Gotofredo dona il secchiello per aspergere, cioè spruzzare con l’acqua benedetta, un certo Cesare che verrà. Scrivendo Cesare si intende in genere un re, un imperatore e in questo caso gli studiosi e le studiose dicono che ci si riferisce all’imperatore Ottone II, atteso a Milano per una visita ufficiale.

Chi sono allora i personaggi raffigurati dentro gli archi? Se il secchiello è un dono dell’arcivescovo per l’arrivo dell’imperatore saranno certamente tutti importanti.

Autorevoli personaggi

In effetti troviamo quattro uomini seduti su sgabelli appena visibili, ciascuno con un libro aperto su cui stanno scrivendo; sono rivolti due a due verso una figura centrale, che sembra essere la più importante di tutte.

Certamente sono scrittori e se li guardi bene ti accorgerai che si assomigliano molto. Hanno tutti capelli lunghi raccolti in una specie di codino, un po’ buffi per la verità, come se avessero una cuffia da piscina in testa e i capelli che sfuggono dietro. Hanno uno sguardo serio e una bocca concentrata, incorniciata da lunghe barbe a punta.

Foto di Restituzioni. Tesori d’arte restauratiCC BY 2.5

Ognuno di loro indossa una veste che ricade sulle braccia e sulle gambe a fitte pieghe e i piedi nudi sono appoggiati alla base del leggio. In pratica è come se fossero seduti a un banco di scuola, ma il banco è un leggio, sostenuto da un perno centrale a vite che serve a regolarne l’altezza. Quanta curiosità di sapere cosa stanno scrivendo! In effetti basta avvicinarsi e leggere, perché le scritte sono ben visibili, ma – anche questa volta – sono in latino.
Fortunatamente c’è chi sa tradurle per noi e ci informa che sono le parole iniziali che si leggono nei quattro vangeli. I vangeli sono i libri che raccontano la storia di Gesù. Li hanno scritti quattro suoi amici, che hanno vissuto in prima persona molti episodi narrati e si chiamano Evangelisti.

Gli evangelisti, cronisti di Gesù

Il fatto è che ciascuno di loro non ha scritto di propria iniziativa, anche perché non potevano conoscere la storia di quando è nato Gesù, perché loro non c’erano. Quindi hanno scritto grazie ai suggerimenti del padre stesso di Gesù, Dio, che non si è presentato direttamente a loro, ma ha mandato qualcuno al suo posto. Se guardi bene noterai che ogni evangelista è accompagnato da una figura che fa capolino sopra il libro: un’aquila, un leone, un toro, un uomo. Ognuno di loro ha le ali, a indicare che non sono figure terrestri, ma mandate direttamente dal cielo da Dio.

L’evangelista di nome Giovanni ha raccontato la sua storia grazie a un’aquila; Marco grazie a un leone; Luca ha sentito la voce di un toro e Matteo quella di un uomo. Anche a me piacerebbe avere un suggeritore personale! A te?

I due protagonisti e… il manico!

Quanto al personaggio centrale, quello più importante verso cui si rivolgono gli evangelisti, ora possiamo scoprire insieme che è Maria, la mamma di Gesù, che si trova infatti in braccio a lei. Gesù sembra un piccolo adulto, con un volto maturo e la mano benedicente, mentre Maria appare estremamente orgogliosa di portarlo in braccio. Ai lati due angeli, dotati di cuffietta da piscina come Gesù, stanno stretti stretti accanto a Maria: si capisce che sono angeli grazie alle ali che svettano in alto.

Come ogni secchiello degno di questo nome, infine, anche la nostra situla è dotata di manico. E che manico! Avrai notato che è realizzato in materiale diverso, cioè argento, e raffigura due mostri con coda di serpente, ali schiacciate lungo il corpo, testa di leone. Entrambi i mostri hanno le fauci spalancate e stanno divorando una testa d’uomo.
Non ti sembra una scena un po’ feroce per una situla per l’acqua benedetta? Probabilmente lo è, ma serviva a ricordare i pericoli che corre l’uomo – la testa – se resta lontano dalla benedizione di Dio. È un tipo di immagine che si trovava spesso nelle chiese, magari sopra le porte o sui capitelli dell’ingresso, proprio come ammonimento per chiunque la osservasse.

A te che effetto fa? Per me questo manico è il fiore all’occhiello del secchiello e vale per sé la visita al Museo del Duomo di Milano, dove puoi trovarlo esposto in una elegante vetrina. Se vai a vederlo torna a raccontarmelo!

Per l’adulto che legge

La situla di Gotofredo è effettivamente uno degli oggetti più antichi conservati nel Museo del Duomo di Milano. Le numerose iscrizioni che vi si leggono consentono inoltre di datare con una certa precisione l’oggetto liturgico, anche se gli studiosi hanno dibattuto per diverso tempo su chi fosse il “veniente Cesare” menzionato.

Sulla questione e su altri aspetti tecnici legati al restauro del secchiello puoi leggere la scheda sul sito di Restituzioni, che racconta tesori d’arte restaurati.

Faccio presente che due teste di leone che sorreggono il manico non sono originali, ma sono state sostituite nel corso dell’Ottocento da un orafo di nome Giovanni Battista Scorzini, probabilmente riproducendo le originali.

Se vuoi vedere la situla nel suo contesto attuale, all’interno del museo, puoi visitare il virtual tour sul sito, ma se hai occasione ti consiglio senz’altro una visita di persona.

A questo link ti ricordo infine il racconto su alcune vetrate del Duomo che trovi nello stesso museo.

La Piccola Gerbera

Ciao, sono Sara della Piccola Gerbera, così ho chiamato la mia attività professionale di storica dell’arte, educatrice museale e guida turistica (anche il mio bimbo di 6 anni mi chiama così, come se Piccola Gerbera fosse il mio cognome!).

Mi occupo di didattica dell’arte da prima che mio figlio nascesse. Fare didattica dell’arte per me significa comunicare la storia dell’arte a tutti, in particolar modo ai bambini e alle bambine, alle ragazze e ai ragazzi, e alle loro famiglie. Almeno ci provo, perché la bellezza dell’arte dei secoli passati possa raggiungerli, parlando la lingua di ciascuno e cominciando il prima possibile.

Ecco come lo faccio:
- attraverso il mio blog e i Racconti d’Arte, storie scritte e narrate ad alta voce da me su opere d’arte, in particolare del mio territorio (Pisa e Lucca); 

- di persona, collaborando con alcune realtà museali (attualmente il Museo d’arte sacra di Camaiore e il Museo Nazionale della Certosa Monumentale di Calci); 

- organizzando personalmente visite guidate progettate per le famiglie.

L’incontro con Italia a piccoli passi mi permette oggi di arricchire la preziosa rete di relazioni tra luoghi, famiglie e attività vicine e affini a me. Di questo sono felice e grata!

Scopri i mie contenuti!

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